LA PETROLIERA ROMANTICA

L'esule.

     Rosa Luxembourg è in Svizzera, esule, non ancora ventenne. Dame hystérique et acariâtre la insultano i suoi compagni socialisti polacchi, la rinnegano perché non è patriota, perché da buona marxista non ha voluto sentir parlare di ricostruzione dello Stato polacco. Il suo esilio durerà la sua vita. Solo nel 1905 rivide Varsavia per qualche settimana sulle barricate.

    Ma in nessuna lettera si trova un suo rimpianto di esule. È una donna forte; capace di stare sedici ore a tavolino sulle statistiche. Vuole e sa essere una vera rivoluzionaria, al di sopra delle cose umane, patria, famiglia, vita privata. Nessuno può dir nulla delle sue debolezze, della sua vita sentimentale, delle sue vicende pratiche. Il pettegolezzo non l'ha potuta toccare, se non con il facile insulto di isterica. Niente confidenze di miserie femminee; delle difficoltà della sua vita solitaria nessuna lamentela.

    Tutto ciò sembrerebbe troppo vicino a un vigoroso ideale, a una falsa e arida costruzione: ed è invece umano come il fondo romantico dello spirito di Rosa, come la sua monelleria di fanciulla abbandonata al suo temperamento e alla sua spensierata gioia di vivere. La petroliera gioirà in carcere di coltivare fiori come si abbandonava una volta libera all'aperto nei momenti "che la vita ci formicola alla punta delle dita e si è pronti a qualunque pazzia". Dopo mesi di prigionia si firma: vostra sempre ed incoreggibilmente felice. Con candido entusiasmo legge a quarant'anni un libro di geologia, come una rivelazione e si lamenta "come ci resta poco da vivere e tanto da imparare!". Conservò questa esuberanza di giovinetta sino all'ultimo giorno e fu pittrice, propagandista, letterata, economista, conferenziera, combattente, traduttrice; ora osservatrice ironica di particolari, ora umorista sottile, ora preoccupata di meditazioni metafisiche, ora intenta alla strategia rivoluzionaria.





    Un inguaribile romanticismo le diede il necessario distacco dalle cose, la superiorità sulle contingenze: "Noi viviamo in tempi agitati in cui tutto ciò che esiste è degno di scomparire". Ecco un suo ricordo, forse il solo della casa paterna. Un mattino prima del levar del sole. Era il momento più bello "prima del risveglio della vita stupida, rumorosa, assordante nella grande caserma di affitto. La calma augusta dell'ora mattutina si stendeva sulla trivialità del selciato: in alto nei vetri scintillavano i primi ori dei giovane sole e più alto ancora ondeggiavano piccole nuvole rosee, prima di sciogliersi nel cielo grigio della grande città. Allora io credevo fermamente che la "vita", la "vera vita fosse in qualche lontana parte, laggiù, di là dai tetti. Da allora io cammino a cercarla. Ma essa si nasconde sempre dietro qualche tetto. Insomma ogni cosa si è presa gioco di me, e la vera vita non è restata forse laggiù in quel cortile, dove la prima volta ho letto con Antonio Le origini della civiltà?".

    Questa scontentezza di sé le pare necessaria per agire. E infatti chi considera mai la sua opera se non con il sentimento della scontentezza di sé "a meno che non sia un deputato al Reichstag o un mandarino della Commissione generale dei Sindacati?".

    Il suo pessimismo ha un'ispirazione di idealismo e di grandezza morale. "Incomprensibile e insopportabile - scrive durante gli anni di guerra ch'ella passò tutti in carcere - mi riesce questo completo smarrirsi nella miseria quotidiana. Guarda la fredda serenità con cui Goethe si teneva al di sopra delle cose. Immaginati a che cosa ha dovuto assistere durante la sua vita... E con quale tranquillità, con quale equilibrio intellettuale egli continuava durante questo tempo i suoi studi sulla metamorfosi delle piante, sulla teoria dei colori, su mille cose. Io non ti domando di fare della poesia come Goethe, ma la sua concezione della vita - l'universalità degli interessi, l'armonia interiore - ognuno può darsela o almeno cercarla. E se tu mi dicessi: - Goethe non era un politico militante - ti risponderei: - Un militante deve più di ogni altro cercare di mettersi al di sopra delle cose, altrimenti egli affoga sino alle orecchie e nel primo fango che capita".





    Perché la sua politica era una cosa seria ed eticamente motivata, Rosa Luxembourg ha potuto vivere la sua vita in carcere e in esilio. Le barricate erano la sua poesia. Uno spirito goethiano deve guardare un poco la vita così, dall'esilio; e in Rosa Luxembourg l'equilibrio olimpico è appunto una sola cosa col disinteresse dell'esule.

    Di questi grandi motivi ideali ella nutriva il suo esilio goethiano.

La rivoluzionaria.

    La petroliera si concede, nelle lettere, tregue, riposi di femminilità. "Le donne! per quanto sia sublime il loro spirito vedono le cravatte prima di ogni altra cosa!", oppure: "Ho parlato all'aria aperta davanti a duemila persone in un giardino con luci di molti colori: era molto romantico".

    Ma nelle questioni di idee e di partito era inesorabile. Dice Luisa Kautsky, moglie del "rinnegato" e perciò teste non sospetta: "Specialmente nei conflitti tra compagni di partito, ella flagellava ogni esitanza come pusillanimità, ogni concessione come debolezza, ogni velleità di conciliazione come vigliaccheria, ogni tendenza a patteggiare come un tradimento. La sua natura appassionata la faceva andare diritto al fine integrale. Aveva orrore di tutte le concessioni anche di fronte agli amici politici più vicini". Perciò gli indulgenti polacchi la chiamavano: "dame hysterique et acariâtre"; ma il fascino che esercitava era dovuto al fatto che ella fu sempre pronta a subire tutte le conseguenze dei suoi atteggiamenti. Quando i suoi amici la esortavano a scrivere dal carcere polacco al presidente Witte o al console tedesco, rispose: "Questi signori aspetteranno un pezzo che una socialdemocratica (1906) chieda loro protezione e giustizia. Viva la Rivoluzione!". Pregava che nessuno si rivolgesse "per esempio a Bulow; in qualunque caso io non voglio dovergli nulla, perché non potrei più nella mia propaganda parlare di lui e del governo liberamente come si deve".





    Tenera per un romanticismo di cospiratori sapeva poi porre i problemi della rivoluzione con realismo marxista. Dopo l'esperienza della prima rivoluzione russa fu decisamente leninista, anche quando combatteva Lenin. Le sue osservazioni sul 1905-906 sono penetranti. Per es.: "La polizia è impotente contro i movimenti di masse". Per giungere a una situazione rivoluzionaria occorre che "l'antagonismo tra le classi sia approfondito, i rapporti sociali accentuati e chiariti". Rosa Luxembourg accetta sin dal 1906 i consigli di fabbrica: "Altro fenomeno interessante della rivoluzione: in tutte le officine si sono costituiti spontaneamente dei comitati eletti dagli operai che decidono su tutte le condizioni di lavoro, assunzione, licenziamento, ecc.". Ella nota come contro i consigli di fabbrica gli intraprenditori cerchino di intendersela piuttosto con gli stessi partiti sovversivi.

    In questa eroica fiducia nelle masse, in questa sicurezza della loro volontà di liberazione, Rosa Luxembourg s'è preparata a morire sulle barricate. Era convinta che le masse fossero più mature dei loro capi. "Perdio, la Rivoluzione è grande e forte a meno che la Socialdemocrazia non la mandi in rovina!". E nel 1917: "La socialdemocrazia di questo Occidente superiore e sviluppato è composta di abbietti poltroni che, spettatori pacifici, lascieranno i russi a dissanguarsi".

    In quattro anni di carcere il suo temperamento silenzioso si era nutrito della speranza dell'azione. La pensava fantasticando; come si fantastica quando si è da lungo tempo incarcerati. "Preferirei vedere la storia del mondo diversamente che attraverso le inferriate", osserva scherzando la prigioniera. E si dimentica l'olimpica serenità una sola volta nella pagina commossa in cui è ricordato Liebknecht.





    "Ma errare liberamente laggiù, per i campi, o anche per le vie, fermarmi in aprile o in maggio davanti a ogni giardino, a bocca spalancata, osservare il rinverdire degli alberelli che hanno ciascuno le loro gemme volte a loro modo, vedere l'acero seminare le sue piccole stelle giallo-verdi e nascere, sepolti nell'erba, i primi aster, le prime veroniche, questa sarebbe oggi per me la gioia suprema; io non domando, non invoco altro, purché possa passare così anche una sola piccola ora per giorno. Comprendimi bene! Non dico di limitarmi in questa contemplazione e rinunciare alla vita attiva e pensante. Voglio dire che vi troverei la mia felicità personale e sarei poi armata e fatata per tutti i combattimenti e tutte le privazioni".

    Così nel carcere si iniziò al martirio.

p. g.
Oltre alle Lettere dalla prigione, si vedano nella bella collezione del Rieder (Paris, 7, Place Saint-Sulpice): Les prosateurs étrangers modernes, ROSA LUXEMBOURG: Lettres à Karl et Louise Kautsky.