I CATTOLICI LIBERALI

    Il travaglio di formazione dello Stato moderno è stato vissuto dai cattolici europei con un tormento spirituale più acuto che negli altri cittadini.

    E si capisce. Le loro idee e interessi erano incrostati nell'ancien régime così profondamente da parer formare un solo nesso organico; scardinate le monarchie assolute, a molti cattolici parve doversi sfasciare anche la Chiesa. Sopra tutto in Francia: nel secolo XIX, per lunghi anni, legittimisti reazionari gallicani s'attardarono a rimpiangere il vecchio stato di cose, isolandosi irosamente dalla nuova società in formazione, nell'attesa di restaurazioni utopistiche e intossicando lo spirito del cattolicismo coi loro crucci pretese e ostilità. Essi avversavano - e avversano, i loro epigoni, tuttora - il regime moderno in nome del dogma cattolico, anziché degli interessi di casta e dei principi politici propri. Quando le ordinanze di Polignac affrettarono il rovesciamento della ristabilita monarchia Borbonica, costoro rimasero irrigiditi nell'aspettazione fatalistica di Enrico V, giurando nel dogma tipico: "Non può esservi ortodossia religiosa senza ortodossia politica... Il Re, Gesù Cristo, la Chiesa Cattolica: Dio è in questo trinomio". Trinomio inscindibile, a detta loro, e nel cui vertice è posto il Re, al cui trono la religione è concepita come divino puntello e naturale decoro.

    Per molto tempo, reagire a queste teorie fu tenuto, sopratutto in mezzo al clero, come atto di apostasia e di eresia. Si capisce perciò quanto dovesse essere arduo e doloroso districarsi dai viluppi di un sistema intrecciato d'interessi economici, di tradizioni secolari e di dogmi spirituali, i cui capi erano spesso tenuti da membri dello stesso episcopato.





    Ci fu tuttavia una minoranza di cattolici, che non volle ignorare il fatto della Rivoluzione Francese e attendere inattivamente da interventi soprannaturali la soluzione del disagio in cui il cattolicismo era venuto a trovarsi nel nuovo ordinamento politico. Costoro, più avveduti, ruppero il cordone sanitario da cui erano cinti. ed entrarono nell'agone pubblico, accettando lealmente il diritto comune della Carta statutaria a delle leggi liberali; e postisi saldamente sul nuovo terreno attuarono un movimento di ripresa, di riconquista religiosa, valendosi proprio delle armi moderne - foggiate primamente a loro danno - e cioè del Parlamento, della stampa, delle libertà costituzionali, e mirando a trasferire il prestigio della Chiesa dall'appoggio del trono alla simpatia popolare, dal privilegio servile del connubio assolutistico ai diritti della legge comune. Al motto: Chiesa e Trono, Dio e Re, sostituirono il programma: Dio e la libertà.

    Con varie gradazioni e nomi il movimento si svolse un po' da per tutto; esponenti più noti furono: O' Connel in Irlanda, Montalembert e Lacordaire in Francia, Windthorst e Reichensperger in Germania, Gioberti e Balbo in Italia... Ma il loro cammino fu intralciato da intoppi dottrinali teologici di prevenzioni e preoccupazioni per quel primo affacciarsi dei laici a discutere e agitare questioni religiose prima affidate alle trattative dirette tra la Curia e i Governi; intralci che provocarono cadute e apostasie famose, per la confusione che spesso anche dalla parte dei cattolici liberali, si faceva, tra la ragione contingente politica e la ragione assoluta teologica: stramazzarono per via vari sacerdoti, tra cui il più noto Lamennais; mentre altri, come Lacordaire, traevano dal fatto nuovo nuove energie per lo sviluppo religioso. Essi, dissociando il cattolicismo dal legittimismo, la sorte della Chiesa da quella delle dinastie, riconquistarono alla loro fede diritti e potenza, tanto che in Francia, mentre nella Rivoluzione del 1830 al crollo dei Borboni parve accompagnarsi quello della Chiesa, dopo 18 anni di accettazione e impiego della libertà costituzionali, essendosi per mezzo appunto delle libertà di stampa e della tribuna parlamentare, estirpata dall'opinione la convinzione tradizionale del connubbio tra la religione e il dispotismo, al crollare della monarchia grasso-borghese di Luigi Filippo, la religione non solo non ne risentì danno, ma ottenne dai repubblicani quella libertà d'insegnamento, che fu la maggiore conquista della cattolicità di Francia nel secolo scorso.





    Due fatti significativi: Nel 1830 furono saccheggiate le Tuileries e contemporaneamente distrutto il palazzo dell'Arcivescovo di Parigi e gittate nella Senna le croci delle Chiese; nel 1848 i soldati e la folla saccheggiarono di nuovo le Tuileries, ma ne trassero in trionfo dietro Lacordaire il Crocefisso della cappella reale.

    Questi cattolici che accettavano il nuovo regime, si dicevano cattolici liberali; ma nel senso circoscritto che accettavano la libertà di coscienza, di stampa, di associazione e di riunione, e il regime rappresentativo, subordinatamente ai diritti della Chiesa e della morale cattolica; e cioè, non come dogmi assoluti, sibbene come condizioni contingenti, di fatto; e rigettavano la neutralità statale, la separazione della Chiesa dallo stato e tutto il teleologismo atomistico del liberalismo. Si dicevano liberali, insomma, perché accoglievano gli istituti pubblici che andavano sotto il nome di liberali, ma rifiutando il liberalismo economico e filosofico. La formula: "Libera Chiesa in libero Stato", è di Montalembert; ma egli contestò in due lettere al Cavour la interpretazione e applicazione che questi ne voleva fare; volendo con essa esprimere la distinzione (non il divorzio) tra le due società perfette, intesa a evitare tentativi di soverchiarsi o di elidersi, in luogo di sostenersi reciprocamente.

    Questo loro liberalismo era inoltre contenuto da programmi federalistici, di autonomie regionali, provinciali, comunali, (di sindacati, più tardi) e famigliari, dirette a limitare l'autorità centrale già orientata manifestamente a costituirsi, nell'accentramento burocratico, una nuova forma di assolutismo. Logicamente quella corrente politica accolse poi il metodo democratico.





    La democrazia era allora un movimento che urgeva, con una pressione indistinta ma preoccupante e con intonazioni materialistiche, antireligiose. Era un'irruzione tumultuosa di nuovi barbari, che parevano voler sommergere la Chiesa: ma questa attraverso i suoi uomini di moderne vedute volle piuttosto convogliare il fiotto disordinato e cristianizzare la democrazia. Anche qui i cattolici liberali prendevano una iniziativa nuova, la quale, essendo ancora confusa nella genesi e nei fini, offerse ai bigotti, ai pavidi e ai furbi, pretesto per avventare accuse, ancor oggi messe fuori, di eterodossia; e contro il loro generoso tentativo si accanirono diatribe dottrinali, sotto cui si rimpiattavano forti preoccupazioni economiche e politiche del ceto conservatore. Quegli uomini ebbero così, nel campo politico e sociale, l'onere di compiere il primo sforzo cosciente per sgrovigliare il cattolicismo dal vecchio mondo e riconquistargli un dominio sul mondo nuovo. Sforzo che fecondò i movimenti più netti e più organici, concretati nei partiti cristiano-sociali, democratico-cristiani, o popolari, sorti e operanti in Europa, dovunque: tranne, proprio, in Francia, dove la reazione assolutista dei cattolici dell'Univers prese sotto la dittatura di Napoleone III° il sopravvento, riuscendo a provocare quello sbandamento della maggioranza dei cattolici a destra che ancora perdura. L'esperimento nuovo portò un contributo notevolissimo alle forze antidittatoriali e antireazionarie d'Europa, foggiando faticosamente le armi con le quali il Centro Germanico poté contrastare per un ventennio la pressione del Dittatore di Ferro, il quale scatenò il Kulturkampf sopra tutto allo scopo di stroncare quel partito unico sottraentesi alla politica personale e unitaria imperiale; quelle armi con cui il P. P. I. con doppio ordine di responsabilità, tiene oggi la sua posizione.

    E' stata insomma una forza nuova, che in tutta Europa s'è venuta a inserire nel gioco politico, con una funzione di equilibrio. Nata da destra, essa si è spostata gradatamente verso sinistra, man mano che si è avvicinata, con programmi realistici, verso le masse; e tiene oggi un posto di centro, impedendo, come può, e dove può, lo squilibrio degli estremismi tanto di destra quanto di sinistra. Senza messianismi e senza dogmi assoluti teorici, con un savio relativismo. Tale funzione di centro non è di sola tattica ma è di sostanziale programma, poiché con lo stabilire a base del suo agire libertà e decentramenti, si oppone a dittature sia di classe sia di persone.

    Se attinge dall'etica cristiana e dalla scuola sociale-cristiana, non coinvolge nelle responsabilità proprie la superiore gerarchia ecclesiastica. Opera con una autonomia la quale s'è via via specificata negli esperimenti compiuti dall'epoca di Montalembert - quando il partito cattolico poteva fare in una data circostanza l'opposizione al governo di Guizot, mentre questi trattava con la Segreteria di Stato, pel tramite di Pellegrino Rossi -; e oggi si esprime con la parola poco precisa di aconfessionalità.

IGINO GIORDANI