SINDACALISMO NAZIONALISTA

    L'ultimo inventore del sindacalismo nazionalista è Alfredo Rocco il quale intende a costruire il suo edificio con rigore di teorico, e improvvisa perciò le sue brave premesse metafisiche:

    "Tutta la vita degli organismi sociali é una lotta incessante tra il principio dell'organizzazione, rappresentato dallo Stato, che tende a consolidarli e ad accrescerli, e il principio della disgregazione, rappresentata dagli individui e dai gruppi, che tende a disintegrarli e perciò a farli cadere e perire. Quando trionfa lo Stato, la società si sviluppa e prospera: quando riprendono il sopravvento gli individui e i gruppi essa si disgrega e muore". Non è vera la dottrina del progresso, al contrario "la storia si svolge secondo cicli distinti, ma simili e ricorrenti. Ed è naturale: la storia dell'umanità non è che la storia delle varie organizzazioni sociali che si succedono nei secoli e nei millenni, e ciascuna di queste ha come tutti gli organismi, una vita, che s'inizia con la nascita e termina con la morte, attraverso la giovinezza, la maturità, la vecchiaia. Nessuna meraviglia, pertanto, che la storia si ripeta perché nei vari organismi sociali che si formano successivamente, si ripete con le sue identiche fasi, la vita" (Politica, vol. VII, pag. 3).

    Questi concetti sono una rigida applicazione del socialismo di Stato, senonché più che a Lassalle bisognerebbe pensare a Campanella, o a qualche teorico della teocrazia ancora più antico. Non bisogna dimenticare che Alfredo Rocco è un giurista, ma finché egli godrà degli onori di caposcuola noi non potremo non sorridere di chi ci vuole gabellare il nazionalismo come ultima espressione politica dei valori dell'idealismo; o almeno diremo che ci sono alcuni e diversi nazionalismi e con quello ortodosso avremo pochi argomenti di congratulazione.

    Dopo Marx solo qualche onesto pievano di paeselli abbandonati saprebbe consentire a una anatomia della società ingenua e semplicistica come quella professata dal Rocco. Il trionfo dello Stato, non può essere che trionfo degli individui. La funzione politica è propria degli individui, che per il fatto stesso di operare nella società superano sempre ogni grettezza di egoismi. Se la vita è trionfo di attività e di iniziativa, lo Stato opera come limite ideale, tende a diventare sempre più un risultato che è immanente e necessario nel momento stesso dell'affermazione individuale. Senonché la più elementare prudenza ci suggerisce di abbandonare ogni desiderio di indurre a ragionamenti filosoficamente scaltri e meditati. un candido giurista inesperto di storia. Discenderemo invece dalle premesse alle smaglianti conseguenze:

    "Lo Stato deve tornare alla sua vecchia tradizione interrotta dal trionfo dell'ideologia liberale, e comportarsi verso i sindacati moderni esattamente come si comportò con le corporazioni medioevali. Deve assorbirli e farli suoi organi. Per ottenere questo risultato il semplice riconoscimento non basta, occorre una trasformazione ben più profonda. Occorre da una lato proclamare la obbligatorietà dei sindacati e dall'altro porli risolutamente sotto il controllo dello Stato, determinandone con precisione le funzioni, disciplinandone la vigilanza e la tutela in una forma di autarchia non eccessivamente svincolata. Ma, sopratutto, bisogna trasformarli da strumenti di lotta per la difesa di interessi particolaristici in organi di collaborazione al raggiungimento di fini comuni. I sindacati operai e quelli padronali debbono essere riuniti, industria per industria, in un sindacato misto organizzato, s'intende, in due, anzi, piuttosto in tre sezioni, giacché sarebbe opportuno che anche gli elementi direttivi, ingegneri, tecnici, capifabbrica, avessero la loro rappresentanza. speciale. Ma l'azione comune del sindacato deve essere ridotta ad unità da un organismo apposito, consiglio e direttorio sindacale per il raggiungimento di fini comuni! (Politica, VII, p. 10)".





    Qui con l'ironia viene a contrastare la generosità, e il naturale candore che sta sotto ogni malizia ci consiglia a mitezza verso le illusioni stesse più enfatiche e i progetti più massicci e goffi e sicuri di sé. Usi a pietà verso le deficienze più irreparabili e, per così dire, fisiologiche, dovremo dire che si nasce ottimista come si nasce becco, e se il nazionalismo è bello e ridente invece che serio e doloroso la colpa non sarà tutta della sua infanzia.

    Il sindacalismo è nato per sconvolgere gli schemi, per stroncare le pretese illuministiche per far scaturire la verità della lotta politica, per ottenere da ognuno la sua dedizione alla praxis, per dominare col realismo i comodi giusnaturalismi. Il sindacalismo organizza delle forze, le conduce al sacrificio, obbliga ognuno ad assumere la sua responsabilità, dà a tutti, senza preoccuparsi di astrattezze dottrinali un senso elementare di dignità; separa gli attivi dagli incerti, schiaccia inesorabilmente i pigri, fa sentire le differenze dei valori, acuisce l'esigenza di una aristocrazia e di un eroismo civile, crea i presupposti per una nuova esperienza di una morale di produttori. Qualunque sia il suo mito finale, il suo sogno di palingenesi, il sindacalismo ha la sua realtà attuale come suscitatore di valori. Rocco vuole il sindacalismo senza lotta, come dire Hegel senza dialettica, il collettivismo marxista senza la dittatura del proletariato e il rovesciamento della praxis, il diritto pubblico senza la politica.

    Il suo sogno è infatti essenzialmente costituzionalista, il suo mondo ideale è una pacifica rinuncia mistica. Vagheggia la riduzione dello spirito e degli individui ad una misura amministrativa; la sua ammirazione per la burocrazia è inesorabile, propugna: "l'abbandono del pregiudizio dottrinale, ogni giorno smentito dai fatti, che il salario e le condizioni del lavoro siano determinate dalla legge della domanda e dell'offerta e l'adozione del principio del giusto salario che la GIURISPRUDENZA si incaricherebbe ben presto di precisare e di sviluppare". Non occorre infierire contro intenzioni tanto candide. L'inventore del nazionalismo economico è diventato economista non per presunzione ma per esigenza di partito: egli non osa neanche nascondere le equivoche sue derivazioni, La giurisprudenza! Abbiamo trovato le giuste misure. Ecco perché è necessario abolire i validi strumenti millenari della lotta politica: boicottaggio, sciopero, serrata, ostruzionismo. I sindacati di Rocco sono un'invenzione di carattere professionale, sono il semenzaio dei nuovi clienti.


p.g.